Proposta di legge sulla spaccio criminale presentata dall’on.le Pellicini (FdI)

Pubblichiamo nota dell’Onorevole Andrea Pellicini sulla proposta di legge presentata in tema di contrasto allo spaccio di stupefacenti

“Le attività di spaccio di droga di organizzazioni criminali, spesso extracomunitarie, che continuano a svilupparsi nelle zone boschive del Nord Italia, mi hanno indotto a presentare una proposta di legge che limita l’applicazione dell’attenuante della modica quantità prevista dalla legge stupefacenti.  

Chi agisce in determinati contesti non può essere considerato un piccolo spacciatore nemmeno quando vende una modesta quantità di droga, in quanto l’autore del reato è al servizio di una organizzazione criminale pericolosa che gestisce nel suo complesso ingenti quantità di stupefacenti con ricavi illeciti impressionanti. L’obiettivo di questa proposta di legge è quello di evitare scarcerazioni facili che rischiano di frustrare il grande lavoro della magistratura inquirente e soprattutto delle forze di polizia, spesso costrette ad operare in condizioni difficili per contrastare questo nuovo fenomeno di spaccio”.

Proposta di legge:

Modifica dell’articolo 73 DPR n. 309 del 1990”

Onorevoli Colleghi! – La risposta sanzionatoria alle attività illecite in materia di stupefacenti contenuta nel Titolo VIII (“Della repressione delle attività illecite”) del DPR 9 ottobre 1990 n. 309 risulta essere piuttosto articolata, presentando ancora oggi diversi limiti nonostante l’apporto della giurisprudenza costituzionale e i vari interventi di modifica e di integrazione, che si sono mostrati necessari, soprattutto a fronte di una nuova e pericolosa articolazione della modalità di spaccio di stupefacenti che si basa su “piazze” gestite da strutturate attività criminali.

L’art. 73 del D.P.R. 309/1990 persegue le condotte di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, prevedendo la pena della reclusione, da sei a venti anni, e della multa, da Euro 26.000 a Euro 260.000; tuttavia, ove una delle condotte descritte possa considerarsi di “lieve entità”, la quale deve essere valutata tenendo conto puntualmente dei “mezzi”, della “modalità” e delle “circostanze” dell’azione nonché della “qualità” e “quantità” delle sostanze, è previsto dal comma 5 dello stesso articolo, che si applichi una pena ridotta, ovvero quella della reclusione, da sei mesi a quattro anni, e della multa, da Euro 1.032 a Euro 10.329.

La fattispecie attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 DPR n. 309 del 1990, nata per commisurare adeguatamente la risposta sanzionatoria nei confronti di figure minori di piccolo spacciatore-consumatore – anche mediante le modalità specifiche di cui ai commi 5-bis e 5-ter introdotti negli anni 2013 e 2014 – viene così a costituire senza dubbio un ingiustificato trattamento favorevole per quei soggetti che si inseriscono, anche mediante condotte individuali e non associative, in attività criminali di elevata strutturazione e pericolosità.

Nell’ambito di queste attività illecite operano, mettendosi a disposizione delle organizzazioni criminali, pur senza farne parte, singoli soggetti, divisi in “squadre” caratterizzate da rapido avvicendamento, i cui componenti, anche se identificati nel corso di indagini ovvero arrestati in flagranza, spesso usufruiscono dell’applicazione della fattispecie attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 DPR n. 309 del 1990, che a loro favore viene riconosciuta in ragione della modestia del singolo atto illecito effettivamente accertato o della limitata disponibilità dello stupefacente, che l’organizzazione fornisce loro secondo la modalità aziendale del “just in time” nella quantità minima necessaria a soddisfare la domanda di una vasta clientela di consumatori, che però si rivolge ai venditori in forma parcellizzata. Le fiorenti piazze di spaccio, infatti, ben delineate per compiti e obiettivi, si presentano come perfettamente organizzate in vedette e controlli posti a supporto e difesa della zona e delle sostanze vendute, con una turnazione di molteplici soggetti dediti allo spaccio, permettendo alle organizzazioni criminali di coprire aree vaste e garantire flussi ininterrotti di illeciti affari.

Particolarmente insidiosa è la modalità di contatto tra cessione e consumo, la quale avviene, nella maggior parte dei casi, collocando la “piazza di spaccio” in territori impervi o boschivi, non permettendo alle forze di polizia di esercitare un corretto controllo delle zone interessate, se non con un elevato dispendio di uomini e mezzi.

L’attuale normativa, quindi, non sembra rispondere in maniera adeguata alle esigenze di mettere un freno definitivo a tale problema: le cro­nache, locali e nazionali, sono letteralmente «invase» da notizie che rendono conto del­l’arresto di piccoli spacciatori e, subito dopo, della loro rimessa in libertà, in quanto la pena prevista nel caso in cui sussista la “lieve entità” del reato, rende il più delle volte impossibile applicare la misura cautelare in carcere. I veri e propri sodalizi, creati tra le organizzazioni criminali e i piccoli spacciatori, permettono a questi ultimi, in caso di arresto, di potersi servire della tutela legale ed economica offerta loro dalle organizzazioni stesse.

Alla luce di quanto esposto, risulta necessario rispondere a questi nuovi fenomeni criminali differenziando la risposta sanzionatoria, in particolare escludendo dall’applicazione della fattispecie attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 DPR n. 309 del 1990 quantomeno la tipologia di condotte che si esprimono in forma pluripersonale, riservando quindi tale fattispecie e le possibilità di sanzioni sostitutive ai soli autori di reati effettivamente di minore allarme sociale o meritevoli di una risposta sanzionatoria di minore afflittività.

Questo effetto risulta possibile mediante l’inserimento, dopo la disciplina dell’ipotesi “di lieve entità”, di un comma che ne disciplini i limiti applicativi.

ARTICOLO 1

(Introduzione del comma 5-quater all’articolo 73 DPR n. 309 del 1990)

1. Quando ricorre l’aggravante di cui al comma 6 del presente articolo ovvero quando il reato è commesso quale fine dell’associazione di cui all’articolo 74, anche se l’autore non è tra gli associati, la circostanza di cui al comma 5 non può essere applicata.

Condividi:

Related posts